Da un po’ di tempo non sono più un modellista “monotematico”, scelgo soggetti di diversi generi, l’importante è che “mi piacciano” e perché mi piacciano devono essere diversi dai soliti, meglio se strani e poco conosciuti.
Una sera, mentre gironzolavo in Rete cercando “qualcosa” sono entrato nel sito di una ditta a me sconosciuta, la KORA Models, distribuita da un’altra ditta, la LF Models, entrambe della Repubblica Ceca. Anche se la produzione era interamente in resina, materiale che non amo così come non amo le fotoincisioni, ho voluto comunque passare in rassegna l’intero catalogo (numeroso…!) e qui ho trovato due kit che rispondevano ai requisiti di cui sopra: il n°4807, per la bomba di Hiroshima e il n°4808 per quella di Nagasaki, entrambi in scala 1/48.
Il tempo di fare qualche calcolo per verificare che non fossero modelli microscopici e via, qualche clic e l’acquisto è fatto.
Ho iniziato da quella di Hiroshima, quella che lo sfrontato humor statunitense ha soprannominato “Little Boy”, un “ragazzino” che in realtà era un cilindro di acciaio lungo 3 metri, del diametro di 71cm e pesante 4037kg.
La piccola scatola in cartoncino piuttosto leggero ricorda le vecchie produzioni dell’Est Europa, le prime che arrivavano da noi subito dopo l’apertura della Cortina di Ferro; il foglio istruzioni è spartano ma tutto sommato sufficiente; le fotoincisioni non sono belle lucide come quelle a cui siamo abituati ma in compenso sono precise, si staccano molto facilmente dal foglietto e soprattutto sono molto sottili (un bene per il risultato finale, ma per il modellista…).
Le parti in resina purtroppo sono un altro discorso. La bomba di per se è ben fatta, è sufficiente ravvivare appena appena i tre forellini nella parte anteriore e stare bene attenti ad allineare in asse il corpo con il tronco di coda. Il carrello invece è un insieme di pezzi pieni di bave, in molti punti anche grosse, bordi sottili danneggiati, materozze enormi che in certi punti sovrastano il bordo del pezzo: un disastro.
Ma il motto del modellista è: “quello che non c’è si fa e quello che è fatto male si fa meglio”, perciò, dopo un attento esame di quello che avrei dovuto rifare, ho tenuto le ruote, la barra, il blocco portante la barra, il cestello di appoggio della bomba e quello che sembra una bombola, cestinando il resto.
La costruzione – Il carrello
Dopo avere preso le misure dei pezzi da rifare ho tagliato dei profilati Evergreen, usando per il telaio quelli a I, qualche pezzo a sezione rettangolare per alcune zone di rinforzo e del quadrello da 0,5 per il castelletto porta bomba. A questo punto erano previste alcune fotoincisioni: due guide laterali con quattro maniglie, due per ogni lato.
Rimarrà per me sempre un mistero il perché nella piastrina delle fotoincisioni ce ne siano solo tre (è proprio fatta così, non è che ne mancava una, anche il foglio istruzioni ne indica solo tre!). Comunque ho risolto il problema alla radice, forando con una punta da zero virgola i punti di fissaggio (sono visibili e sono per quattro maniglie) e costruendo poi le quattro manigliette con del filo di rame del diametro adeguato.
Il sistema di montaggio dell’asse anteriore del carrello non mi convinceva, ho preferito rifarlo forando il pezzo ed inserendo, passante, un ago da siringa (grosso, da anestesia spinale) tagliato in misura e ricoprendo poi i due semiassi con del tondino di plasticard del giusto diametro.
Verificata la posizione dei perni delle ruote posteriori per mantenere il carrello orizzontale è bastato fissare in coda un altro paio di pezzetti di ago.
Pur considerandolo uno strumento eccezionale non ho molta dimestichezza con l’aerografo, quindi ho deciso di verniciare con le bombolette, che fin qui mi hanno dato soddisfazione. Le istruzioni del kit indicano l’H28 Humbrol per il carrello, io (dopo una buona mano di primer Tamiya grigio fine) ho usato il Neutral Grey Tamiya AS7 che avevo già in casa e mi pare che possa andare bene.
La costruzione – La bomba
Come ho detto non amo le fotoincisioni, ma devo riconoscere che con queste si ottiene un ottimo risultato, anche se essendo, come ho detto, molto sottili serve una particolare attenzione ed una mano molto leggera.
La costruzione della coda è impegnativa, ma il risultato è molto buono; per fissare bene gli otto microscopici pezzetti che vanno disposti a corona subito prima della coda, dove finisce la parte cilindrica, è consigliabile fare un piccolissimo invito con la punta da trapano (quella di prima), stavolta però montata sul trapano a mano.
L’attacco per il gancio di sollevamento purtroppo rientrava in quei pezzi in resina irrecuperabili, quindi ho dovuto costruirne uno con dei ritagli di metallo (ammetto che è un po’ di fantasia…) Ho quindi fatto un foro nella parte inferiore (che a modello fissato non si vedrà) in cui ho inserito una vite autofilettante per trattenere il pezzo in un attrezzo che uso per altre cose e via di primer.
Della bomba L11 esistono varie riproduzioni sparse in vari musei, spesso con colorazioni di fantasia, ma è certo che Little Boy fosse blu.
Le istruzioni del kit indicano un Humbrol H25, che ho pensato di risolvere con una bomboletta di Blue Navy semilucida MrHobby, che però si è rivelato troppo scuro: l’ho quindi coperto con un comune blu che avevo in garage, che è molto simile al colore di quella vera e ho dipinto a pennello i pochi particolari che devono essere in color metallo naturale.
Conclusioni
Dare un giudizio sulla produzione di una ditta partendo da una solo kit non è corretto, certo che se questa è la media allora lo standard di questa prolifica ditta Ceca non è molto alto.
La resina è di buona qualità (non ho trovato nemmeno una bolla) ma la stampa è poco curata e la precisione è scarsa: in definitiva per ricavarne un modello almeno accettabile c’è da sudare; è comunque una base accettabile e chi ha dimestichezza con l’autocostruzione ha di che divertirsi.
E’ un altro esempio di un soggetto arcinoto ma snobbato dai produttori: infatti fin’ora ho trovato solo un altro kit, prodotto dalla ceca Black Dog, sia in 1/48 che in 1/72, ma con un diverso carrello.