Oggi il socio Roberto Donati ci presenta una chicca riemersa a sorpresa dal suo passato:La LANCIA LAMBDA.
Passiamo subito la parola a lui per il racconto di questo inaspettato ritrovamento:
La TOGI, italianissima casa produttrice di automodelli, venne fondata a Milano nel 1957 da Tonino Lorenzini un ex dipendente dell’Alfa Romeo. La profonda conoscenza delle macchine vere lo spinse soprattutto a produrre miniature della sua ex ditta, pur concedendosi qualche scappatella.
Una di queste fu la Lancia Lambda. La Lambda è universalmente riconosciuta come una vera rivoluzione in campo automobilistico. Non era infatti dotata di telaio ma di una struttura portante. Venne presentata al salone dell’auto di Parigi nel ’22 ed entrò in produzione nel 23.
A parte le sorprendenti novità tecniche (non solo la struttura portante ma anche le ruote anteriori indipendenti) la Lambda era bella, slanciata ed agile nella corsa. Insomma una macchina di alta gamma. Un’auto da vero “sciur”.
Durò otto anni in produzione se pur con serie diverse e con l’intervento di artisti carrozzieri diversi. Da rimarcare l’abitudine di Vincenzo Lancia di chiamare le auto con le lettere dell’alfabeto greco, questa è l’undicesima di quelle lettere. Lo strano è che la più famosa e usata sia l” alfa” …… che apparteneva però ad una parrocchia diversa.
La riproduzione della Togi, in scala 1/23, come tutte le realizzazioni della ditta, è precisa nelle linee e nelle dimensioni, ma non risulta strettamente modellistica; è infatti un incrocio, sia pur ben riuscito, tra modellismo, collezionismo ed il giocattolo didattico. Le scatole contenevano (e contengono) la carrozzeria pre-dipinta, una speciale chiave per il montaggio, belle istruzioni e pezzi in gran parte di metallo zamak, e pochi in plastica o materiale simile alla gomma. I collezionisti possono trovare una similitudine con la tedesca Schuco, inevitabilmente nata a Norimberga la splendida città tedesca legata al giocattolo.
Come ogni modellista di vecchia data ho delle scatole contenenti modelli mai nati, nati poi abbandonati, dimenticati, oppure quelli su cui ti sei arenato o stufato perché attratto dal canto di una sirena diversa.
Generalmente questi contenitori vengono ritrovati dopo anni e sono come quelle scoperte che gli studiosi fanno nelle biblioteche, dove certi tesori aspettavano da secoli di essere scoperti.
Stavo cercando un aerografo che ricordavo essere dietro un contenitore di ritagli di plastica, che era sopra uno di reticelle in ottone, dietro un sacchetto di tubi di scarico in alluminio, che era di fianco al contenitore d’ acetato, sopra la scatoletta di colle viniliche…. quando apparve un vecchio cofanetto di biscotti “baicoli”. Dentro ho trovato una vecchia sveglia senza lancette ed un modello fatto e poi smontato. La Lambda della Togi.
Forse l’avevo comprato quando ero al liceo, o giù di li…
Mancavano dei pezzi. Il che rendeva il ritrovamento ancora più stimolante, le istruzioni non esistevano e la verniciatura presentava le ingiurie del tempo. L’ho rimessa via, ma subito ripresa. Si era accesa la lampadina, ricordavo infatti una foto in giro per casa.
Ho mandato allora una mail alla ditta e con lo stesso mezzo le istruzioni mi sono state inviate, davvero molto gentili ed efficienti.
E via di liquido per freni, plasticard, tubicini d’ottone, trapano, lime, ecc….
Bisognava dare al modello una vita propria e qui mi è venuta in aiuto la vecchia fotografia di cui parlavo: la foto di un parente di mia moglie che era in compagnia di un nobile ferrarese proprietario di questa vettura. Ho interpretato la foto dando i colori che non c’erano, ma sembravano con tutta probabilità grigio e nero.
All’epoca i parafanghi erano quasi sempre neri, che era il colore più facile da imitare in caso di danni. L’ accostamento col grigio dava alla macchina un aspetto elegante. Niente di meglio per il nobile ritratto col cappotto a petto unico, impreziosito da un collo d’ astrakan. Al soggetto non mancavano né il bastone da passeggio né il borsalino.
Ho rifatto le parti mancanti, tolto i grossolani pezzi che consentivano la apertura delle porte, con fessure che portate a grandezza naturale sarebbero state di tre dita. Il milliput ha fatto il suo dovere, è costoso rognoso ma non cala, con una grande robustezza anche se di lenta asciugatura. Se volete un prodotto veloce invece c’è quello della colla 21 va bene per stuccare ma non per modellare perché nel giro di poco non è più utilizzabile. Fortunatamente le ruote dell’auto vera erano coperte, quelle a raggi non erano considerate da macchina elegante ma da auto sportiva: figuriamoci se il “gag” non voleva l’eleganza. Ho usato le coperture di un modello dell’Italeri, una Rolls Royce, se non ricordo male, che mi feci mandare, anni fa in un certo numero, dalla ditta bolognese proprio per coprire i raggi orribili delle scale 1 /25- 1/24- 1/23.
Con acetato ho rimediato all’assenza dei vetri dei fanali anteriori. Ho fatto la copertura in tela dei posti dei passeggeri posteriori. Forse le nobildonne preferivano andar per strada solo con una bella nobildonna senza zie al seguito.
Dopo qualche settimana ho finito. Ovviamente non è un modello per concorsi ma è una auto italiana, quasi una rarità nel campo modellistico che sembra conoscere solo la Ferrari. In più è un ricordo di una Ferrara che non c’è più.